“Le gemme” vuole essere una collezione di quaderni di poesia dedicata a poeti contemporanei opportunamente selezionati, con il proposito di rappresentare una summa della loro poetica. L’intenzione è quella, infatti, di raccogliere le gemme di ogni autore per sintetizzarne il discorso poetico e, al tempo stesso, per facilitarne la diffusione attraverso un formato semplice ma elegante e di immediato impatto visivo.Nella convinzione che non è certo la quantità a determinare la qualità, Progetto Cultura ed io, abbiamo ritenuto qualificante dare vita a questa nuova iniziativa editoriale nella prospettiva di testimoniare momenti di elevata ispirazione poetica, tali da potersi legittimamente inserire nel panorama letterario contemporaneo per la loro unicità e significatività, sia dal punto di vista contenutistico che stilistico.“Le gemme”, pertanto, non vuole essere soltanto una collana di poesia, ma una teca luminosa dove i poeti possono mettere in evidenza i loro tesori.



Nelle tue stanze di Marzia Spinelli

Ed. Progetto Cultura

Le gemme - Collezione di quaderni di poesia n.6
ottobre 2012
ISBN978-88-6092-497-1

Introduzione di Alberto Toni

Dopo l’esordio con Fare e disfare del 2009, da Lietocolle, la poesia di Marzia Spinelli trova una nuova ragion d’essere in questa raccolta, Nelle tue stanze, tutta incentrata sulla figura della madre scomparsa. “Nella tana d’infanzia / mi rintraccia la memoria”, scrive l’autrice nel testo di apertura, e già varchiamo la dimensione del ricordo in cui bisogna entrare. Ma è la memoria che viene a cercare il poeta, perché alla memoria non ci si può sottrarre. Rispetto a Fare e disfare, qui si assiste a un continuo assedio di un unico ricordo, che si stempera e si riverbera in una compostezza che evoca figure, luoghi, nel tentativo di ridare un nome a ciò che è stato e si è vissuto. “In una folla nostra di vivi e morti / da animare e placare”: è “l’enigma del Tempo” di cui parla Borges in una delle tre epigrafi poste in apertura. Un tempo che non è più, eppure ancora consuma e sfibra, perché costringe a fare i conti con la propria identità, il non detto, la pena per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Ed ecco, tra i versi delle altre due citazioni illuminanti, da Pasolini e Shakespeare, “Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore…” e “…Tu sei di tua madre lo specchio, / ed ella in te rivive…”, troviamo il senso dell’intreccio che anima l’intero lavoro: ricucire, riannodare i fili del passato per poter vivere il presente: “Forse la vita tutta avresti voluto / ancora dirmi, lasciarmi / tutto compiuto e darmi pace”. La storia tra madre e figlia è fatta di verità “chiuse come urna” nel segreto di una stanza che diventa centro di tutto. La vita poi ritrova coincidenze, come in Negozio di pietre, ma “solo per me la coincidenza”, perché l’immagine,sempre la stessa, della madre ritorna in ogni luogo, in ogni istante. Al posto della presenza viva, però, restano gli oggetti, “clone di vita su oggetti, contano / loro ormai”, nella scoperta che il Tempo “è semina”, e che se da un lato garantisce un conforto, fa da antidoto al buio e al vuoto, dall’altro apre dolorosamente squarci di esistenza, di un’esistenza vissuta insieme, specchio del sé, amore e fatica nella vecchiaia. “In sogno scopro felice che sei viva, / ma l’abbraccio non ha presa”: torna sempre e si amplifica la visione, e come avviene per l’Enea virgiliano con il padre Anchise, anche in questo caso l’abbraccio è pura illusione, l’ombra sfugge all’incontro; chi rimane deve così rinunciare, confrontarsi in un dialogo serrato con un’assenza- presenza, ma nel contempo ha il compito di proseguire, “risponde il corpo che formicola”. Allora, nel silenzio dove “frastuona la memoria”, l’unica cosa che resta da fare è cercare le parole. “Distillo parole”, nella consapevolezza che per poter dire occorre sottrarre, setacciare, ripararsi dall’inessenziale. Intravediamo luoghi e storie dell’infanzia che sembrano ormai lontani come sfumati, anche questi imprendibili: “Siede il Novecento / su la tua schiena curva/ di superstite”, nell’ascolto del Tempo, “solo il suono d’una distanza”. “È il volto mio o il tuo?”, si chiede l’autrice, in un gioco perdurante di specchi in cui l’identità si riannoda sulla tela del ricordo. “Sempre sarà il suono/ nelle tue stanze / e la tua voce”. La presenza non si cancella mai, perché “Là cresce una radice”, l’origine da far rivivere, che è pure canto e poesia. Nella raccolta di Marzia Spinelli la realtà si ricompone nella misura certa del verso, nel rigore che non scade mai nel patetismo, anzi ricrea da lontano, come è giusto che sia, il pathos di un amore irrimediabilmente perduto. Perché il tema è difficile, ma assolutamente ben risolto.


***

Marzia Spinelli è nata a  Roma nel 1957 dove vive e lavora. È stata tra i fondatori e nella redazione della rivista Línfera. Attualmente nella redazione della rivista Fiori del male.  Ha collaborato con articoli e testi in prosa ad altre riviste di arte e letteratura, tra cui La bottega del restauro, Frontiera, Omero, Polimnia. Suoi testi poetici sono presenti in varie antologie edite da: Bagatto, Notegen, Aletti, Artescrittura, LietoColle, Lepisma e nell’Archivio storico “Evoluzione delle forme poetiche” a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo (Kairos ed, 2013). Alcuni suoi testi sono stati tradotti e inseriti nella rivista rumena Conta. Ha curato rassegne poetiche e presentazioni di libri e partecipato a reading poetici a Roma e in altre città. Ha pubblicato i libri di poesie Fare e disfare (LietoColle,ed., 2009) e  Nelle tue stanze (Progetto Cultura ed., Collana Le Gemme, 2012).

Nessun commento:

Posta un commento